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La relazione sulla struttura industriale 2013 ribadisce la necessità di una rinascita industriale
Immagine associata al documento: La relazione sulla struttura industriale 2013 ribadisce la necessità di una rinascita industriale Conformemente a una relazione della Commissione europea pubblicata sulla situazione attuale dell'industria unionale, la maggior parte dei settori non ha ancora raggiunto il proprio livello produttivo pre-crisi e sussistono differenze significative tra settori e Stati membri.
La "Relazione 2013 sulla struttura industriale dell'UE: Competere nelle catene di valore globali" mette in luce la tendenza discendente dell'industria manifatturiera, ma sottolinea anche le correlazioni reciprocamente vantaggiose tra il settore manifatturiero e quello dei servizi nonché l'importanza delle catene di valore globali. La relazione evoca infine la crescente necessità di inserire gli aspetti della competitività industriale in altri ambiti politici.

Queste tematiche sono state ribadite di recente nella comunicazione "Per una rinascita industriale europea" della Commissione, che verrà trattata espressamente nella prossima riunione del Consiglio Competitività del 20-21 febbraio.
Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario responsabile per l'Industria e l'imprenditoria, ha commentato: "Questa relazione indica chiaramente che la crisi del 2008 ha portato ad un'accelerazione significativa del declino industriale in Europa e che l'industria ha bisogno di un sostegno mirato per ritornare a crescere. L'Europa è ancora lontana dall'obiettivo del 20% di quota del PIL europeo prodotto dall'industria entro il 2020. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo puntare sulla reindustrializzazione. Invito pertanto gli Stati membri a sostenere il nuovo pacchetto sull'industria nel Consiglio Competitività della settimana prossima".

Come confermato anche da altri studi, la relazione indica che la fragile ripresa cui faceva pensare la crescita positiva nel 2010-2011 è stata interrotta da una flessione del ciclo congiunturale, ragion per cui le imprese dell'UE hanno registrato una duplice caduta. È confermato inoltre che dal 2001 l'industria manifatturiera, esaminata quale proporzione dei risultati dell'economia, è calata di altri 3 punti percentuali scendendo a circa il 15% del PIL nel 2012.

Differenze tra paesi: nel complesso, i risultati dell'industria manifatturiera celano differenze significative tra gli Stati membri. Una forte ripresa contraddistingue la Romania, la Polonia, la Slovacchia e i Paesi Baltici, ad esempio, che hanno recuperato e superato i picchi registrati prima della recessione.
Differenze settoriali - l'high tech, i prodotti farmaceutici e le merci di prima necessità resistono alla crisi: vi sono inoltre differenze significative tra settori. Il settore della costruzione, quello manifatturiero e quello minerario sono stati duramente colpiti. Le industrie che producono beni di consumo di prima necessità come alimenti e bevande nonché prodotti farmaceutici hanno resistito relativamente meglio. Le industrie manifatturiere ad alta tecnologia non sono state colpite con tanta gravità come le altre industrie.

I guadagni di produttività variano e sono concentrati nelle industrie ad alta tecnologia: i guadagni sul piano della produttività e dell'occupazione variano notevolmente tra i settori laddove si registra un declino generale in campo manifatturiero, soprattutto tra le industrie a bassa tecnologia. Nelle sequele dell'ultima crisi l'industria manifatturiera dell'UE è riuscita a ridurre i costi del lavoro e ad aumentare la produttività: in tale ambito le industrie ad alta tecnologia sono state il principale volano della crescita in quanto maggiormente resistenti agli effetti negativi della crisi finanziaria grazie alla più elevata produttività e a una dipendenza più contenuta dagli input energetici.

Il settore dei servizi cresce più celermente di quello manifatturiero: in media, tra il 2000 e il 2012, i servizi destinati alla vendita (quelli in genere forniti dal settore privato) sono cresciuti di 1,7 punti percentuali nell'UE e corrispondono ora alla metà del PIL unionale. La quota dei servizi non destinati alla vendita (in generale forniti dal settore pubblico) è aumentata anch'essa, raggiungendo il 23% del PIL nel 2012. Successivamente al periodo 2001-2010 l'occupazione è cresciuta nel settore dei servizi, mentre è declinata in quello manifatturiero.

I legami tra il settore manifatturiero e quello dei servizi recano vantaggi ad entrambi: le imprese manifatturiere si avvalgono in misura crescente di servizi nel contesto dei loro processi produttivi, per lo sviluppo e la vendita di prodotti e per attività imprenditoriali orizzontali come la contabilità e la logistica. Una maggiore crescita della produttività nel settore manifatturiero può avere ripercussioni positive su altri settori. L'accresciuta interdipendenza tra il settore manifatturiero e quello dei servizi fa pensare a un effetto trainante delle industrie manifatturiere per servizi che altrimenti sarebbero limitatamente commercializzabili. Ciò ha un effetto stimolante sull'innovazione e sul miglioramento qualitativo delle attività dei servizi.

Le catene di valore globali sono sempre più importanti per l'industria unionale: l'UE è ancora il maggior attore sulla scena degli scambi mondiali, sia in termini di beni e servizi che di flussi di investimenti. La globalizzazione ha trasformato le catene di valore delle imprese con la creazione di un numero crescente di reti transfrontaliere ormai invalse. Mentre le imprese dell'UE partecipano già alle catene di valore globali, il rafforzamento della loro partecipazione ne accrescerà la competitività e assicurerà il loro accesso ai mercati globali a condizioni di competitività più favorevoli.

Gli investimenti esteri di cui ha bisogno l'industria manifatturiera hanno subito un grave ridimensionamento: la crescita dei flussi commerciali globali è stata accompagnata da una crescita ancora più forte dei flussi globali di capitale, tra cui gli investimenti esteri diretti (IED) di cui ha bisogno l'industria dell'UE. Gli Stati membri dell'UE, considerati nel loro insieme, sono all'origine di una proporzione significativa dei flussi globali di IED (circa il 22 % dei flussi in entrata e il 30 % di quelli in uscita), ma sia i flussi in entrata che quelli in uscita sono stati gravemente ridimensionati dalla crisi. Nel 2010 i flussi di IED in entrata erano circa un terzo di quelli del 2007, mentre i flussi in uscita si erano ridotti ancora di più. Gran parte della contrazione dei flussi di IED in entrata nell'UE è dovuta a un brusco calo dei flussi intraunionali a partire dall'inizio della crisi.     -          
 
Data Pubblicazione sul portale: 18 Febbraio 2014
Fonte: Commissione Europea
Aree Tematiche: Sistema Puglia, Sportello Europa
Redazione: Redazione Sistema Puglia
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