Al Sud nel 2012 ha lavorato regolarmente meno di una giovane su quattro, con un tasso di occupazione fermo al 23,6%. In testa le giovani abruzzesi (36%), in coda le campane (19,4%). Mentre secondo la
SVIMEZ le donne meridionali laureate, anziché essere oggetto di politiche di sviluppo, rischiano di restare a casa con bambini
e anziani a causa del sistema di welfare che ostacola la conciliazione lavorofamiglia.
È quanto emerge nella
giornata dell'8 marzo dall'analisi della Vice Presidente della SVIMEZ
Maria Teresa Salvemini.
Nel 2012 su una popolazione di donne di età 15-34 anni al Sud solo meno di una su quattro, pari al 23,6%, lavora regolarmente.
Con forti differenze regionali: le giovani abruzzesi e sarde registrano un tasso di occupazione di poco inferiore alla media nazionale (37,1%), rispettivamente del 36% e 33%. Mentre vanno decisamente peggio tutte le altre: 27,4% in Molise, 26,2% in Puglia, 25,4% in Basilicata. Agli ultimi posti le donne siciliane (20,7%), calabresi (21,9%), fino alle campane, fanalino di coda (19,4%).
Se quindi in Veneto è occupata regolarmente una donna su due (52,5%), in Molise e Puglia meno di una su tre, in Calabria e Sicilia meno di una su quattro, fino alla Campania: qui fra le under 34 lavora regolarmente una su cinque.
Situazione critica anche se si considerano le donne under 64: qui il tasso di occupazione è del 31,6%, circa una su tre. Un divario dal resto d'Europa di quasi trenta punti (la media dell'Ue a 27 nel 2011 è 58,5%).
A livello regionale si conferma la stessa dinamica registrata per le giovani: in testa abruzzesi (45%) e sarde (43%), seguite da molisane (39%), lucane (35,8%), calabresi e pugliesi (31%).
In coda, siciliane (28%) e campane (27%). In altri termini, se in Abruzzo è occupata regolarmente meno di una donna su due, in Calabria e Puglia una su tre, e in Campania poco più di una su quattro.
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