Le Pmi dichiarano guerra agli OGM

  L'artigianato alimentare italiano dichiara guerra agli ogm. Una battaglia, quella per togliere gli organismi geneticamente modificati dalle dispense degli italiani, che vede scendere in campo il 90% dell'industria alimentare tricolore. È questo infatti il peso nel comparto delle pmi italiane, in prima fila attraverso CNA Alimentare e Confartigianato Alimentazione, nella coalizione «Italia-Europa-Li­beri da ogm», cui hanno aderito 32 tra associazioni ambientaliste, dei consumatori e del mondo produttivo e che mira a raccogliere 3 milioni di firme in favore dei prodotti di qualità entro il 15 novembre.

Le pmi hanno chiesto ieri a Roma, in un convegno organizzato dai rappresentanti di categoria, un intervento del governo italiano e dell'Ue in direzione della salvaguardia dei consumatori e della piccola industria. Nel mirino di imprese e consumatori i rischi per la salute, dovuti alle incertezze sugli effetti dei cibi ogm sul corpo umano, quelli per l'ambiente, legati a coltivazioni più forti che irrobustiscono sempre più i parassiti, e i pericoli per il libero mercato messo in discussione dal monopolio delle multinazionali delle sementi.

«I produttori di questi semi sono tre nel mondo e il fatto che le imprese siano costrette ogni anno a ricomprare la materia prima significa che c'è un controllo monopolistico, alla faccia del libero mercato», ha commentato ieri il presidente della CNA, Ivan Malavasi, sottolineando il valore culturale della produzione alimentare non solo italiana. Un valore minacciato da colture sempre più omologate dalle nuove sementi vendute sul mercato internazionale.

Le coltivazioni ogm infatti non a difesa della qualità alimentare consentono ai contadini di accantonare parte della produzione per la semina dell'anno successivo ma impongono ai produttori di comprare nuovi semi. Un problema che tocca in primis le economie del terzo mondo, strettamente legate all'agricoltura, e i cui produttori sono stati spesso portati in giudizio dalle corporation dei semi per non aver pagato i diritti d'autore sulla produzione delle semine degli anni successivi. Obiettivo della piccola industria alimentare italiana, che conta 80 mila imprese e 240 mila addetti, è dunque una posizione chiara dell'Unione europea che vieti la produzione di cibi modificati ai paesi membri e che obblighi all'etichettatura quelle extracomunitarie.

Sugli ogm intanto il governo italiano ha preso, anche grazie al pressing della coalizione, una posizione netta, guidando così il fronte del no in sede europea. Il ministro per le politiche agricole, Paolo De Castro, ha convinto infatti nei giorni scorsi il suo omologo francese ed ex commissario Ue all'agricoltura, Michel Barnier, a tessere una strategia politico-diplomatica in Europa, contro il blocco dei paesi nordici maggiormente legati alle coltivazioni high-tech. Il governo italiano si è inoltre battuto a Bruxelles per limitare allo 0,1% la contaminazione ogm consentita nei cibi dal nuovo regolamento europeo del biologico ai produttori del Vecchio continente, contro lo 0,9% voluto dagli altri membri e contro lo 0% attualmente consentito. In questa direzione l'Italia dovrebbe applicare in futuro ai propri produttori una forte restrizione rispetto alla soglia dello 0,9% imposta dall'Ue.

«Ci sono grandi interessi dietro gli ogm», ha spiegato a ItaliaOggi Mario Capanna, leader della coalizione Liberi da ogm, «e c'è ancora una grande disinformazione tra la gente che ha risposto in modo straordinario al nostro referendum».       -          
 
Data Pubblicazione sul portale: 24 Ottobre 2007
Fonte: CNA
Aree Tematiche: Sistema Puglia
Redazione: Redazione Sistema Puglia
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