Il «Made in Italy» a caccia di artigiani. Nel 2009 rimasti vuoti 23mila posti di lavoro qualificati

Immagine associata al documento: Il «Made in Italy» a caccia di artigiani. Nel 2009 rimasti vuoti 23mila posti di lavoro qualificati Come una malattia grave: non si cura con un rimedio miracoloso. E chi lo promette quasi sempre è un ciarlatano. Però si possono cercare antidoti e medicine. La crisi in Italia è profonda e porta con sé ripercussioni che stanno producendo un problema occupazionale: l'Istat ha appena accertato che nel 2009 il paese ha perso 380 mila posti e che il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8%.

E allora bisogna scovare rimedi, vie alternative percorribili per attutire (non certo risolvere) l'emergenza occupazionale. Un'indicazione importante arriva dal mondo artigiano: nel 2009, seppure nel mezzo della crisi economica, ci sono state figure professionali difficili da reperire sul mercato. Lo scorso anno le aziende artigiane hanno faticato a trovare 23.470 professionisti, su tutto il territorio nazionale, che rispondessero alle caratteristiche richieste. A scarseggiare sono gli artigiani specializzati, le figure tecniche e d'alto profilo capaci di fornire valore aggiunto alle aziende. Non sarà un caso se la difficoltà a selezionare personale qualificato (e non stagionale) nell'artigianato è superiore alla media di tutte le altre imprese.

Da un anno ci si ripete che il made in Italy salverà la nostra economia ma un manifatturiero che sappia rilanciarsi anche sui mercati esteri ha bisogno di innovazione e qualità delle risorse umane. «Lo ripetiamo da tempo — afferma Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato —, il nostro manifatturiero ha bisogno di un ricambio generazionale per garantirsi un futuro ancora competitivo. Per questo abbiamo accolto con favore l'introduzione dell'apprendistato all'interno del percorso formativo per l'istruzione superiore. Proprio l'apprendistato è per noi una forma contrattuale che, facilitando la formazione in azienda, risulta di grande importanza in un mercato del lavoro come quello italiano che ha sempre difficoltà ad armonizzare domanda e offerta».

Per il momento però i giovani rimangono ancora diffidenti nei confronti del mondo artigiano, non si spiegherebbe altrimenti la difficoltà di reperire giovani leve tra le figure più specializzate. «Si tratta certamente di un problema culturale - spiega Sergio Silvestrini, segretario generale della CNA: per diverse generazioni hanno insegnato ai loro figli che era meglio studiare e cercare un mestiere di concetto. Così anche oggi i giovani preferiscono dire che lavorano in un cali center piuttosto che in una bottega artigiana. Probabilmente è anche colpa nostra che non abbiamo saputo comunicare quanto sia cambiato il nostro mondo: oggi la tecnologia e l'innovazione sono parte integrante della professione artigiana. Ecco perché abbiamo bisogno di giovani che sappiano fare da ponte tra la tradizione e il progresso».

A spaventare forse sono anche i tempi di inserimento: apprendere un mestiere e specializzarsi richiede tempo e qualcuno teme ancora che «fare bottega» sia poco remunerativo. «Di sicuro fare bottega significa avere un contratto retribuito -precisa Fumagalli -, e non so quanti siano i praticanti degli studi professionali a ricevere lo stesso trattamento. E i dati dicono anche che il 70% dei giovani che svolgono l'apprendistato presso gli artigiani vengono poi assunti a tempo indeterminato».       -          
 
Data Pubblicazione sul portale: 26 Marzo 2010
Fonte: CNA
Aree Tematiche: Sistema Puglia, Lavoro e Formazione
Redazione: Redazione Sistema Puglia
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